Il progetto segue una tecnica di edificazione che realizza una occupazione completa del terreno insulare veneziano, prezioso per la sua inestensibilità.
Ne consegue un impianto planimetrico che dimentica gli angoli retti in favore di una adesione pragmatica al perimetro mistilineo dei canali e del “collage”di volumi indipendenti, avvolti in unico mantello murario di mattoni faccia a vista, e prospettanti su di un vuoto centrale, articolato tra un trapezio/auditorium ed una “L” di laboratori ed aule. Sullo spazio interno, alto quattro piani, prospettano tre balconate tra loro diversamente sagomate, concluse, negli spigoli interstiziali tra ambienti utili e mantello perimetrale, dai corpi scala.
Le falde leggere di una copertura basata su poliedri a base irregolare costituiscono un sistema di ombrelli, con spicchi in parte trasparenti ed in parte opachi, sorretto da quattro pilastri a geometria esagonale, che si sviluppano monolitici per un’ altezza di quattro piani, con membrature triangolari.
Nello “skyline” veneziano post-industriale della Giudecca le cuspidi di queste piramidi vetrate o rivestite di metallo riflettente intendono sposare il tema della leggerezza con quello della luminosità, “il cielo nella stanza” con “il faro nella notte”.
Una dimensione simbolica o forse, a Venezia,solo illudente di una fabbrica delle idee, di una fucina di progetti.
I diedri vetrati della copertura ricordano qui i solidi geometrici multicuspidati di certe lampade veneziane, ma anche la copertura vetrata della corte interna del progetto per l’ospedale dei SS. Giovanni e Paolo.
Il rivestimento di mattoni faccia a vista disposti a due e a tre corsi su piani sfalsati, previsto su tutte le pareti esterne e su quelle interne di ingresso, riprende la soluzione già realizzata sul fronte laguna dello stesso ospedale.