Presentato in occasione della 9.Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia del 2005, l’allestimento ha occupato l’ampio salone sul Canal Grande di Ca’ Pesaro. Nella mostra sono messi in primo piano le idee ed i valori di Lina Bo Bardi, ritenendoli indissolubili dalle opere. I disegni originali e gli altri materiali sono ordinati seguendo otto slogans, ripresi dai suoi scritti.
Gli slogans scendono dal soffitto, stampati su lunghe bande verticali di tela, che si inseriscono tra pannelli in vetro, che si alzano da terra incastrati su supporti cubici. Tra i doppi vetri sono inseriti, come farfalle sospese nell’aria, i fogli colorati e trasparenti dei disegni originali di progetto.
Ogni slogan costituisce un sottotema della mostra, e costituisce un’isola che raggruppa delle immagini. A volte vengono raggruppati degli oggetti.
Ad esempio ne La mano del popolo brasiliano c’è la ricostruzione del Bosco di Alberi Maestri, un apparato tipico delle feste popolari, nel quale, in questo allestimento, si aggirano animali fantastici, ridicoli e aggressivi, anch’essi frutto di una creatività spontanea. La Dignità dell’architettura civile mostra, nel progetto del Museo d’Arte di San Paolo, la metamorfosi della piramide vetrata, pensata inizialmente, in un edificio-ponte tra i quartieri della Metropoli.
Indistinti confini è il motto che unisce con gigantografie e manifesti la multiculturalità del Mediterraneo, dove si è formata Lina a quella della sua nuova patria, il Brasile.
La sedia da bordo strada, è l’archetipo del comfort come Le Polochon, il maiale senza testa, ma con due sederi, è un omaggio al surrealismo.
La Grande Vaca Mecânica, è stata costruita per la prima volta per questo allestimento e siamo con essa al cospetto de Il diritto al brutto.
Infine, ne La casa come anima, lo scavo interiore dell’idea dell’abitare.
Un ordinamento ed un allestimento che fanno ampio uso della tecnica del collage, prelevando liberamente “dal mondo di Lina” documenti originali, citazioni, spunti per ricostruzioni, caricature assegnando alle immagini tutta la loro carica comunicativa.